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Su strada

Su strada

Ciclismo  –  Strada /  No-stop

Michele rinasce quindi alla vita e allo sport ma si ritrova ad oltre 30 anni.   Si guarda intorno, e  incoraggiato dagli amici nonesi, corridori nella locale squadra ciclistica amatoriale G.S.C. None-F.lli Manenti (in particolare da quel Lorenzo Giuliano, già Campione Provinciale, Regionale e Nazionale su strada e ciclocross, e che lui considera un po’ come il suo maestro di scuola di ciclismo su strada), si avvicina a questo sport; uno sport che comunque amava da sempre e seguiva in televisione (detto per inciso, il suo idolo è  Fausto Coppi, il Campionissimo che lui considera essere il più grande di ogni epoca insieme a Gino Bartali). Michele però lavora (come responsabile del laboratorio studi, ricerche e collaudi presso una azienda leader per la qualità, nella produzione di elettroconduttori speciali) e continua a studiare (Lingue e Lettere Straniere Moderne all’Università di Torino) e non ha quindi il tempo per allenarsi. Generalmente, si allena una sola volta a metà settimana  percorrendo circa 60 km in un mondo in cui, i cosiddetti “amatori” si allenano tutti i santi giorni come disperati e con chilometraggi anche consistenti quasi fossero dei professionisti. Michele, ciononostante, riesce a tenere agevolmente i ritmi del  gruppo e raggiunge anche alcuni onorevoli piazzamenti. Mentre la quasi totalità dei ciclisti  si trova meglio nelle gare di gruppo e pochissimi riescono a primeggiare (trovando la motivazione e la concentrazione, fatto salvo il talento ) nelle gare individuali, solitarie, come le cronometro,  Michele che ha paura nelle gare di gruppo (dove i ciclisti in  battaglia si toccano, sgomitano, si sfiorano in ogni momento con il rischio di cadute), e dove si fa spesso maledire dagli altri concorrenti  perchè crea il famoso elastico(ndr. un vuoto, un “buco” nel gruppo, faticoso da “ricucire” e creato dalla paura di stare appiccicato con la propria ruota anteriore a quella posteriore della bici che precede)scopre invece, proprio in questa specialità, il suo miglior rendimento vincendo anche alcune gare. E scopre anche di aver trasferito sulla bicicletta la sua indole di maratoneta di quando praticava il podismo. Per diversi anni, generalmente nel cuore dell’estate, insieme ad  un suo amico di  infanzia e di scuola,  Guido Caudera, di Torino, anche lui appassionato ciclista e praticante da sempre, ( diventato poi il suo principale sponsor – Bocce Caudera Campioni del Mondo) si inventavano, per scommessa, imprese impossibili in sella alla bicicletta sulle montagne mitiche del  Giro d’Italia e del Tour de France sempre seguiti a bordo di macchine o furgoni dai soliti compagni di scuola con relative mogli o fidanzate; il tutto terminava poi, inesorabilmente con pranzi, cene o barbecue ad alte quote. Proprio al termine di una di  queste scommesse, vinta come al solito da Michele nel contesto incantevole e suggestivo del  Parco Nazionale  del Gran Paradiso( Col du Nivolet- 2617 mt.), nasce dalla mente di un loro fedele amico ed ex-compagno di  scuola, Sergio Brunato (generalmente l’autista del furgone appoggio) un’idea del genere: “tu fai imprese impossibili e nessuno lo sa.


Lo sappiamo solo noi, pochi amici intimi che vi seguiamo sempre; è un vero peccato. Perchè, per una volta, non ne affronti una che possano saperla tutti in giro per il mondo?  Magari il Record dell’ora?. Alla eccezione di Michele circa la (per lui) brevità dell’ ora (viste le sue caratteristiche fisiche naturali da maratoneta della bici ), Sergio ribatte : ”allora prova  la “24 ore no-stop”!. A farla breve,  Michele non crede esista nessuno al mondo in grado di rimanere 24 ore ininterrotte  in sella , ma viene smentito. Si documenta.  Esistono alcuni record in merito. Com’ è nella sua natura, Michele si informa, tra i vari record in questione, qual’è il più “vero”, il più “tosto”; insomma la versione più “hard. E la gara più vera, più terribile, più suggestiva viene fuori.   Si chiama  cronometro individuale, no-stop, su strada, senza battistradaMa non finisce qui. Tra i vari regolamenti applicabili, sceglie naturalmente il più “duro” e cioè:  5’/h non-cum. In questo modo, solamente una ventina di atleti al mondo hanno raggiunto un simile traguardo ed un solo atleta (A. Bresolin -1988) ha tirato dritto raggiungendo per primo al mondo ma non superando i1000” kmMichele ci prova. Purtroppo. in queste sue performances a livello mondiale non potrà essere supportato dalla sua squadra del cuore e cioè il GSC.-NONE , la squadra del suo paese, che essendo affiliata dapprima alla UNLAC(Unione Nazionale Liberi Amatori Ciclismo) e poi all’ UDACE (Unione Degli Amatori Ciclismo Europeo) non è quindi abilitata a presentare ufficialmente la sua candidatura a livello internazionale presso il governo mondiale del ciclismo cioè la  “U.C.I”- (Union Cycliste Intérnationale) con sede a Losanna (CH). Trattandosi di un atleta italiano è d’obbligo riferirsi alla sigla  F.C.I. – Federazione Ciclistica Italiana”/Roma (per capirci, quella dei professionisti e dei dilettanti) che è l’unica abilitata dall’ “U.C.I.” e quindi riconosciuta a tutti gli effetti a livello mondiale. Michele dovrà mettere da parte il cuore (pur iscrivendosi comunque sempre , tutti gli anni, anche al “GSC-NONE” ) ed affiliarsi ad altre due squadre del pinerolese  (naturalmente organiche alla F.C.I. ) che potranno fargli ottenere la licenza internazionale ed appoggiare quindi la sua candidatura per le gare iridate presso la “U.C.I.”. A queste due squadre ed ai rispettivi dirigenti, Michele rimarrà sempre molto obbligato ed affezionato (riconoscendole un po’ come sue seconde patrie) e portando ad arricchire le loro rispettive bacheche sportive i suoi titoli  Mondiali, Europei e Nazionali conquistati dal 1994 al 2012. Le squadre in questione sono la GSC.-Cicli MARANDO  di Pinerolo (TO) per gli anni 1994-’95  (Presidente Luigi Marando – campione ciclista/strada) e la  EQUIPE ’96 del Pinerolese di Villar Perosa (TO ) per gli anni 1996-2012 (Presidente/fondatore Mario Vaira, ex-campione ciclista su strada e pista).


Viene preparato da una équipe di specialisti dell’Istituto di Medicina dello Sport di Torino (Centro di Eccellenza Federale a livello internazionale per la Ricerca in Medicina dello Sport) con a capo il direttore  Dott.Prof. Carlo Gabriele GribaudoSi tratta di una equipe di specialisti affermati come ad es:

-) Dott. Alfredo Chiey, il coordinatore, chirurgo specialista in Ortopedia e Traumatologia presso la Clinica “Koelliker” di Torino nonché specialista in Medicina dello Sport.

-) Dott. Sergio BenzioDott. Nicola Cardaci  (ora Sport2win-Torino)  per la preparazione atletica e valutazione funzionale sui test in laboratorio, su strada e su pista, nonché studi sull’aerodinamica e del posizionamento dell’atleta sul mezzo-bicicletta.

-) Dott. Fabrizio Verzini, specialista in Medicina dello Sport (test valutazione soglie aerobiche-anaerobiche, studio indici di tossicità/acido lattico e presenza/consumo di ossigeno nel sangue).

-) dottoressa Valentina Onorato, psicologa clinica, stimata consulente in Ospedali, Cliniche ed Istituti vari, e specialista tra l’altro in preparazione mentale per atleti”. Già responsabile nella Nazionale Italiana Sport Invernali   alle Olimpiadi  di Vancouver/Canada per  il  “Settore  Paralimpico”, nonché preparatrice di atleti olimpici (Olimpiadi estive).

-) Dott. Maurizio Arduino  (IMSTO  e  C.D.C./”Centro Diagnostico Cernaia” –Torino)  specialista in Medicina dello Sport e referente controlli antidoping nonché Medico di gara ufficiale del VelodromoComm. Franconedi S.Francesco al Campo (TO) ,  ed altri specialisti che interverranno per oltre un ventennio (dal 1994 fino ai giorni nostri) nella preparazione di Michele Astegiano.


Michele stabilisce nel 1994 il  “Record di durata(o di tempo), migliorato poi nel 1995 (ed ancora oggi imbattuto) portandolo a  35h 01′ 11 ( prec. 31h 54′ 28”). Sempre in quell’anno (1995) Michele stabilisce contemporaneamente anche il Record di percorrenza con 1006,859 km e diventa così il primo e l’unico atleta al mondoraggiungere superare il mitico muro dei 1000 km. Altro record tuttora imbattuto. Nel 1996 Michele Astegiano si cimenta per la prima volta con la 24 oreAnche questa volta, porta a casa il Record del Mondo  strappandolo  ad  A.Bresolin (1988) e portando il  limite precedente (758,400 km) a 759,016 km  con la media-record di  31,626 km/h. (31,600 km/h il record precedente). Tra i festeggiamenti che seguiranno, a febbraio 1997, verrà invitato a partecipare (con la moglie Rita), alla  Cerimonia di inaugurazione dei  Campionati Mondiali di sci alpino- Torino 1997 seguita da una “Serata di gala” con tutti i “VIP” nazionali ed internazionali (Capi di Stato e di Governo, ambasciatori, autorità civili e militari, ecc…..) consistente in un “Concerto privato” al  Teatro Regio di Torino seguito da una “Cena di gala riservata” all’interno del medesimo) così da essere  presentato, tra gli altri, agli allora Presidente della Repubblica  Oscar Luigi Scalfaro ed al  Capo del Governo  Romano Prodi al fine di ringraziarlo ed onorarlo ufficialmente e pubblicamente  per l’impresa sportiva appena conseguita. Questo record gli verrà strappato dapprima da un atleta italiano (Emilio Lambiase) e poi da un grande e famoso professionista dell’estremo statunitense, il texano di Austin,  Rich Kent,  già trionfatore di gare ciclistiche estreme in ogni parte del mondo (ad es. “Coast-to-coast/Race cross America”,  “Parigi-Brest-Parigi”,  “Tour de France in una tappa”, ecc..). Nell’agosto del 2000, Michele prova a riprenderlo. Dopo circa 17 ore di gara e quasi 600 km già percorsi, pur essendo ancora lievemente in vantaggio su Kent, Michele è costretto alla resa sopratutto a causa di problemi fisici. In particolare profonde ferite (piaghe-decubito) al soprassella (zona perineale), gonfio, spaccato e sanguinante; dolori terribili e lancinanti, insopportabili anche per un fachiro come lui. La sua gara termina tra le lacrime sue (e non solo per il dolore fisico) e quelle dei suoi tanti tifosi in Piazza Magenta a None (TO) che, commossi, cercano in qualche modo di consolarlo (e consolarsi) in quel clima di tristezza e delusione generale e personale. Le leggi della natura e la medicina tradizionale sembrano sbarrargli la strada per sempre.  Non è possibile aiutarlo a superare questo tipo di inconvenienti con l’anestesia locale della parte tramite iniezioni-infiltrazioni prima o durante la gara a causa di due ordini di problemi; uno di tipo medico-scientifico e l’altro di tipo scientifico-normativo. Spieghiamoci meglio. La scienza sconsiglia assolutamente di infilare aghi in quella precisa zona del corpo perchè vi passano migliaia di nervi più piccoli di un capillare che si comportano un po’ come cavi telefonici che portano segnali e direttive ad organi interni. Per piccolo che sia un ago, lacererà parecchi di questi nervi interrompendo i relativi circuiti con una certezza praticamente assoluta di seri danneggiamenti a chissà quali funzioni organiche interne. Esisterebbe una alternativa un po’ più potabile e cioè l’utilizzo di pomate anestetizzanti. E qui siamo al secondo problema.  Siccome le pomate verrebbero spalmate non su di una parte sana (e quindi sull’epidermide che nei suoi vari strati funzionerebbe un po’ da scudo e da filtro rallentando  molto i tempi di venuta a contatto col sangue)  ma su di  una parte ferita, lacerata, spaccata, sanguinante (e quindi immediatamente a contatto ed in circolo col sangue) ecco presentarsi un problema irrisolvibile al momento degli esami antidoping. Infatti i suddetti esami  (che prevedono prelievi di urine, sangue, unghie e capelli) porterebbero con assoluta certezza al riscontro nelle urine, ma sopratutto nel sangue, di quei principi attivi, di quelle molecole presenti nei suddetti farmaci antinfiammatori, antidolorifici, (ad es.  lidocaina, cortisone, xilocaina, ecc….) compresi nell’elenco delle sostanze vietate dall’Agenzia Mondiale Antidoping WADA (World AntiDoping Agency) con tutte le conseguenze immaginabili che ne deriverebbero. Un’altra, ulteriore assoluta certezza, è che ogni futura prova vedrebbe ripresentarsi e sempre più anticipatamente gli stessi problemi; garanzia quindi, di prestazioni sempre più deludenti e meno performanti. Quanto pagherebbe Michele per non chiudere in questo modo la sua carriera di ciclista estremo….!! Le studia tutte anche le più disparate  per cercare di reagire, di ribellarsi a ciò che appare ineluttabile. Cerca aiuto, deciso anche a sottoporsi a pratiche estreme, nel campo della “Psicologia/Psicanalisi” (ad es.  “ipnosi”, “autoipnosi”, ecc) ma viene sonoramente sconsigliato e abbandonato in queste sue intenzioni proprio dagli specialisti del settore, in quanto convinti dei troppi e troppo rischiosi effetti collaterali (non solo mentali) per la salute insiti in tali pratiche. A questo punto per Michele è davvero finita e decide il ritiro definitivo.

Questa volta però,  il destino  decide di  dargli una mano assumendo le sembianze di una sua amicizia maturata grazie al ciclismo; si tratta di una calciatrice di serie A, Noemi Calavita, in forza alla squadra del Milan e alla Nazionale femminile di calcio (portiere) nonché sua tifosa. Viene da lei consigliato ed indirizzato verso una medicina alternativa, l’”Ayurveda, praticata da un esperto indiano quasi ottantenne  (S. Shiran)  che risiede in quel di Genova e che tempo prima  aveva risolto con questo sistema problemi fisici (e salvato la carriera) della calciatrice in questione. Michele si reca a Genova e lo incontra. Shiran sa già dei problemi di Michele e gli prescrive una “cura” naturale che a lui pare un po’  “bizzarra” e che solleverà un bel po’ di ironia da parte dell’equipe medica che lo prepara alle gare. L’esperto indiano intuisce tutto lo scetticismo di  Michele, però capisce anche il suo disperato  bisogno di una speranza, di un appiglio, di un sogno a cui aggrapparsi per sentirsi autorizzato a riprovarci. Capisce sopratutto il carattere eccezionale, la caparbietà, la tenacia di Michele ed in particolare la sua capacità di saper infliggere al suo fisico (e quindi di accettare) dolori e sofferenze indicibili se solo opportunamente motivato. E lo prega, scetticismo o meno, di impegnarsi comunque ad eseguire le sue direttive fino al giorno della gara. Solo in questo modo, promette, gli darà quelle otto ore che gli sono mancate l’anno precedente. Gli promette purtroppo anche dell’altro. La “bestia” arriverà ancora prima ( unico punto di condivisione con la medicina tradizionale), le piaghe e le ferite cruente al  soprassella anticiperanno e i dolori e le sofferenze saranno, se possibile, ancora superiori all’anno precedente. Dovrà piangere dal dolore pedalando (e così sarà infatti). Non avrà neanche cinque minuti in più di margine, arriverà al pelo, giusto giusto, ma arriverà; avrà quelle fatidiche otto ore. Promesso! Michele rimane scettico ma giura fedeltà e impegno.  E così sarà. Arriva la festa patronale del paese : 10 agosto; San Lorenzo 2001Dopo otto mesi (gennaio-agosto) di duri allenamenti e sacrifici e oltre 60.000 km nelle gambe, Michele si ripresenta al via per l’ultima sua battaglia. E’ la notte delle stelle cadenti (altrimenti dette le lacrime di S.Lorenzo). E quelle stelle, alle quali la tradizione affida i sogni e le speranze degli  umani, e alle quali,  sicuramente, Michele avrà affidato tutte le sue,  lo tradiscono; non si lasceranno vedere. Vedrà invece le “lacrime” (da dolore fisico….).   Un cielo nerissimo, gonfio di acqua verso il tramonto, nel cuore della notte scatenerà un inferno di acqua e grandine. Da un temporale all’altro, per circa 10 ore ininterrotte, un clima da  tregenda si scatenerà su quel povero Cristo di ciclista  (compreso un quarto d’ora di  grandine violenta  con chicchi grandi come noci che lo lasceranno dolorante  alle ginocchia e alle nocche delle dita particolarmente colpite). Sì, le stelle Michele le ha viste davvero, ma non quelle di S.Lorenzo….. E in quell’inferno di acqua, grandine, freddo, quasi gelo percepito (vista l’aria fredda contro la  tuta bagnata ) Michele  capisce che anche questa volta non era destino. E nel cuore della notte, in mezzo a questa bufera, dopo una ennesima crisi di  sonno superata  non si sa come, e  a seguito di un crollo psico-fisico, Michele sta per decidere il ritiro. Come l’anno precedente, decide di ritirarsi a None, in piazza Magenta,  in mezzo ai suoi tifosi,  per portar loro rispetto, anche se sarebbe più facile per  lui farlo tra un paese e l’altro lontano da tutti. Un po’ come quando si sta morendo e si  cerca tranquillità e solitudine. Michele stava morendo dentro e vedeva morire  pure l’ultima  speranza di una conclusione positiva della  sua carriera di ciclista estremo. Le tattiche e le strategie studiate prima della gara erano saltate. Le tabelle di gara erano  impietose; anziché il  sia pur lieve vantaggio  previsto sull’americano Kent, registravano uno sconsolante  distacco di oltre mezz’ora a meno di 10 ore dalla fine!

A questo punto la chiave di svolta. Mentre Michele stava per scendere di bici, un personaggio sportivo al suo seguito, Stefano Caporali  (campione ciclista su strada e pista ) fino ad allora tenutosi un po’ in disparte rompe gli indugi.  Sale sull’ammiraglia che ospita la Giuria Ufficiale e prende in mano  la situazione.  Impedisce  quasi fisicamente la discesa dalla  bici, stravolge le strategie e praticamente  indica e trascina Michele sulla strada  della riscossa, più psicologica, nervosa, mentale prima  ancora che fisica. Usa bastone e carota. Incitamenti  anche rudi alternati a somministrazione di frutta e miele.  Ad un certo punto, finisce l’effetto carota e non si sa più che pesci prendere, (sopratutto a causa delle sempre più ravvicinate e intense crisi  di sonno generate ed amplificate sopratutto dalla fatica e dal buio ). A causa di una di queste brutte crisi, Michele deve registrare uno scontro a 90° contro  il parapetto metallico del torrente Chisola in quel di  Piobesi Torinese (TO) col  rischio di finirci dentro.   Poi, finisce lui e la bicicletta in un fosso profondo, e poi nel prato a lato della carreggiata. Quando, drizzando una curva a gomito in quel  di Virle Piemonte (TO) gli riesce per un pelo, all’ultimo istante, di non spiaccicarsi contro il muro di una casa a filo della strada, si concretizza il rischio,  da  parte della Giuria,  di interruzione della gara a causa della possibilità di cadute rovinose senza un minimo tentativo di reazione, di difesa. Allora, Caporali sale in cattedra armato di solo più bastone (psicologico s’intende). Gli ultimi interventi “fisici” ormai, non funzionano più. Anche le secchiate di acqua gelida in faccia (acqua gelida piena di ghiaccio tritato al suo interno)  non sortiscono più il risultato di tenerlo sveglio, anzi, gli sbandamenti aumentano. Manca poco più di un’ora alla fine e Michele  ha quasi recuperato del tutto  il gap  dall’americano ma è ancora  preda di una crisi  di sonno e questa volta sembra fatale; non passa più. Stefano allora comincia ad  insultarlo pesantemente, usando anche frasi profondamente offensive ed irripetibili in tempi normali, ma ormai, qui di normale non c’è più nulla.Certo, non crede a quello che dice; è un suo amico oltre che consigliere sportivo, ma cerca la reazione nervosa che possa risvegliarlo, costi quel che costi!    Ed ancora una volta ci riesce. Ottiene una reazione rabbiosa da parte di Michele e così si intavola  una sorta di rissa verbale, cruda, truculenta, violenta, condita da minacce  reciproche che si  trascina per il tratto rimanente di gara tra il corridore ed il suo coach. Fortunatamente sarà l’ultima crisi; sicuramente, la prossima, non avrebbe avuto più santi… Durante la riscossa iniziata nel cuore della notte, Caporali  ha sempre mentito un po’ nella comunicazione a Michele per paura di un possibile rilassamento. Solamente  in vista del traguardo, a circa 1 km dalla fine, quando  a Michele risultava essere ancora a pochi metri di distacco dal record, Caporali gli dirà la verità. Interrompendo la finta querelle e gli sproloqui miserevoli, ormai  non  più necessari,  gli comunicherà testualmente:  “Ascoltami bene.  Ti dico una  ultima cosa e poi sparirò e non mi vedrai più.  Manca solamente più un chilometro e la verità è che tu stai in vantaggio di otto minuti sull’americano.  Il record mondiale è tuo: lo hai capito adesso?. Vai e goditelo; te lo sei meritato”!. A questo punto,  ancor prima che Michele passasse fisicamente su quella linea tracciata dalla Giuria Internazionale all’ingresso del comune di Candiolo (TO) e che rappresentava la fine  gloriosa di quell’avventura sportiva  sognata a lungo, innescato  dal clacson dell’auto-Giuria  guidata  da Caporali,  iniziava un concerto sonoro di clacson che coinvolgeva la fila chilometrica di automobili al seguito  piene di tifosi festanti, con bandiere  tricolori, che giorno e notte hanno tifato e sofferto con Michele. Un concerto festante che accompagna Michele al trapasso di quella linea, di quella frontiera che divide un sogno dalla realtà. Non sarà una vittoria risicata ma di larga misura; tre chilometri e mezzo in più divide il nuovo primato dal precedente. Avendo quasi sei minuti di vantaggio, Michele dovrà tirare dritto e continuare ancora  per qualche chilometro fino al prossimo rilevamento cronometrico,  così da completare  perfettamente la ventiquattresima ora e fornire in questo modo, ai Giudici Cronometristi, i dati a loro necessari per il calcolo esatto ( tramite interpolazione) dei risultati finali precisi al secondo e al metro. Terminerà infatti in quel di Piobesi Torinese (TO). Ed anche se Michele terminerà la sua fatica a  6 km lontano dalla sua terra, dolorante e stremato,  decide  però, ancora una volta, per rispetto dei suoi tifosi, di tornare a None e scendere di bici in una Piazza Magenta  stracolma da  migliaia di persone giunte anche dai paesi limitrofi per festeggiare con lui e con lui piangere anche questa volta come l’anno precedente; stavolta però di gioia. Però Michele, come  previsto da Shiran, è proprio crollato,  non ce la fa  più, ma ciononostante non vuole arrivare in piazza a bordo dell’ambulanza.

Dopo un breve conciliabolo ( peraltro molto animato) con il medico di  gara, il dott. Renato Rubiolo (che giustamente,  per precauzione, viste le condizioni critiche  di Michele e  la sua precarietà non solo a risalire e rimanere in bici, ma addirittura  a rimanere in piedi, intendeva obbligarlo a salire a bordo) trovano al fine un compromesso. Michele sarà trasportato in ambulanza fino alle porte del suo paese di None. Qui, all’imbocco del paese, a meno di un km dalla piazza, Michele scenderà dall’ambulanza (tanto, le vie del paese sono tutte deserte; la gente è tutta in piazza) e, raschiando il fondo del barile  delle forze rimaste e della resistenza  al dolore che lo sta attanagliando di brutto, in qualche modo risalirà in bici. Vuole entrare in piazza in bicicletta. Attorno a lui (lui davanti da solo con in mano la bandiera tricolore,  ma subito dopo, a neanche un metro ) una folla  di ciclisti di ogni squadra, e colori, e divise, che lo hanno seguito ed incoraggiato (da dietro naturalmente) giorno e  notte e che hanno ottenuto finalmente dalla Giuria il permesso di passare e di arrivargli a ridosso; tanto, ormai, la gara è finita. Tutto è pronto, sulla strada e in piazza, per un arrivo trionfale ed una grande festa. Dopo Michele e il gruppo ciclisti, segue la macchina della Giuria Ufficiale, l’ambulanza, i mezzi appoggio, il codazzo delle auto imbandierate con concerto di clacson. Tra Michele e la piazza non c’è più nessuno, solamente poche centinaia di metri. O meglio; qualcuno c’è ancora. C’è l’Istituzione che gli ha aperto le strade in sicurezza, fin dallo sparo del via, (avvenuto il giorno prima da Piazza Fraiteve al Sestriere) scortandolo giorno e notte per le strade piemontesi fin qui, all’ingresso finale in piazza Magenta. E’ l’Arma dei Carabinieri. Saranno infatti le gazzelle dei Carabinieri al comando del M.llo M.re Pasquale Mataluni, (Comandante la stazione Carabinieri di None) che gli apriranno ancora una volta la strada.

Il giorno prima,  al termine della cerimonia di partenza dal Sestriere, culminata  con la benedizione di Michele da parte di  un suo caro amico e tifoso (nonché alpino come lui) e cioè il compianto Rev.do don Francesco  Granero, allora Cappellano Militare del 3° Reggimento Alpini (oltre che parroco nel Santuario di S.Verano ad Abbadia Alpina di Pinerolo) quattro gazzelle dei Carabinieri e della Polizia Stradale, piazzate davanti a Michele, ad un chilometro l’una dall’altra, aspettavano anche loro, via radio, lo sparo d’inizio del Commissario Internazionale della U.C.I. per fiondarsi  in una pericolosa discesa;  una discesa  nella quale Michele, con la paura nel cuore ma con i freni aperti, a cavallo di otto chili di ferraglia, vedrà apparire più volte, nel ripido tratto iniziale  Sestrierès Pragelato Fenestrelle  cifre da brivido sui suoi computer di bordo:  105 km/h e una frequenza cardiaca superiore a 200 bpm. A cominciare proprio da quello sparo, e da quella spericolata discesa, gli  hanno aperto 24 ore di strade lastricate solo di sofferenze, di fatiche, di dolore fisico e psichico; ora, invece, gli apriranno gli ultimi metri di una strada che finirà in gloria ed in ricordi indimenticabili per una vita da sportivo e non solo. La piazza è pronta ad esplodere. E’ gremita di gente di ogni ceto ed età; compaesani e non, amici, parenti.

C’è la moglie Rita e la mamma Giovanna. Non c’è il papà Domenico; non c’è più….  Ha perso la sua corsa terrena nel 1995 ma sicuramente, da lassù, nel pieno della crisi  notturna, ci avrà messo lo zampino. Da allora pedala sempre con Michele. La sua immagine stampata sul piantone del manubrio lo guarda sempre in faccia  e viceversa. Si sono guardati parecchio nella notte. Lui ha solo anticipato un po’;  è andato avanti a tenergli un posto accanto, là, dove anche Michele arriverà un  giorno, al termine della sua ultima corsa terrena. In piazza c’è l’Amministrazione Comunale  con a capo il Sindaco,  il  dott. Domenico Bastino; manca solo l’assessore Cerchio. Ma no, c’è anche lui anche se nessuno lo vede; è a qualche decina di  metri  in posizione sopraelevata. Ha avuto un’idea  per accogliere l’arrivo  in piazza  di Michele. E’ corso  in  parrocchia, è  salito sul campanile per vedere meglio  da lontano l’arrivo di Michele, pronto ad azionare  le campane in un concerto a  distesa  per avvertire  la gente e salutare  così,  con le campane che suonano a festa , l’arrivo e l’ingresso trionfale in piazza. E così sarà. Un boato di folla e il  suono delle campane a festa accoglieranno al suo ingresso l’auto dei Carabinieri seguita a tre metri  dal nuovo  Campione del Mondo e  la sua colonna festante. Una scena  indescrivibile che strappa al Presidente della Giuria, Angelo Patrito, questa frase: “Incredibile; mai visto una  roba simile.  Mi  sembra di essere al “Giro” o al“Tour.”……!  Michele non ne può proprio più e crolla. Il medico di gara gli  applica la maschera ad ossigeno; ma non sarà nulla di serio.  L’ambulanza lo conduce al centro medico designato, (accompagnato dai suoi “periti di parte” e cioè il medico di gara ed il massaggiatore personale Antonio Marchisio)  dove verrà sottoposto agli esami  clinici previsti ed ai  prelievi per l’esame antidoping da parte dell’ispettore  federale e dal medico della Commissione Controllo inviati da Roma e Losanna. Un’ora dopo lo riporteranno in piazza per i festeggiamenti e la premiazione. E davanti ad una folla festante ed  alle telecamere RAI che lo hanno seguito  anche nel corso della gara (con servizi in vari telegiornali ed interviste ai suoi tifosi e collaboratori durante la discesa  dal Sestrière) gli verrà riconsegnata  quella che i francesi chiamano le maillot arc-en-ciel”. Tornerà sulle sue  spalle la tanto agognata  maglia con  i colori dell’iride, dell’arcobaleno; una  maglia  che ancora oggi, dopo tanti anni e tentativi, nessuno gli ha ancora sfilato. E se il Santo preferito di Michele Astegiano, (San Lorenzo appunto ), gli ha negato una notte  di stelle in cambio di  una notte di acqua,  forse, pentito,  ha voluto accogliere  Michele all’alba con i colori dell’arcobaleno, quello vero. Un segnale forse, per confidargli che il brutto stava  passando, e che in una giornata finalmente di sole, fra qualche ora, quei  colori dell’arcobaleno  se  li sarebbe  ritrovati stampati  su di una maglia da  lui indossata  in mezzo a un  mare di folla festante, plaudente, ed in gran parte piangente, ma questa volta, felicissimi di farlo insieme. Michele Astegiano riporta il titolo in Italia e per questo, a fine anno, durante un importante convegno per la premiazione dei  migliori  atleti  italiani distintisi nel  2001  ad opera delle più importanti  autorità  sportive nazionali, l’allora n°del ciclismo italiano, e cioè  il Presidente Nazionale  della  F.C.I.  (Federazione Ciclistica Italiana) dott. Giancarlo Ceruti  vorrà personalmente premiarlo e ringraziarlo pubblicamente per l’impresa. Senza dimenticare i festeggiamenti ufficiali organizzati dall’Amministrazione Comunale di None (TO) per onorare questo suo concittadino; il primo nonese a guadagnarsi un posto nel prestigioso Guinness dei Primati (Guinness World Records).

Il nuovo  record mondiale assoluto delle24 ore no-stop fatto segnare da Michele Astegiano è stato di  765,816 km e la media record è stata di  31,909 km/h.

Un altro record mondiale tuttora imbattuto, almeno in questa versione.