Michele stabilisce nel 1994 il “Record di durata” (o di tempo), migliorato poi nel 1995 (ed ancora oggi imbattuto) portandolo a 35h 01′ 11” ( prec. 31h 54′ 28”). Sempre in quell’anno (1995) Michele stabilisce contemporaneamente anche il “Record di percorrenza” con 1006,859 km e diventa così il primo e l’unico atleta al mondo a raggiungere e superare il mitico “ muro” dei “1000 km”. Altro record tuttora imbattuto. Nel 1996 Michele Astegiano si cimenta per la prima volta con la “24 ore”. Anche questa volta, porta a casa il “Record del Mondo” strappandolo ad A.Bresolin (1988) e portando il limite precedente (758,400 km) a 759,016 km con la media-record di 31,626 km/h. (31,600 km/h il record precedente). Tra i festeggiamenti che seguiranno, a febbraio 1997, verrà invitato a partecipare (con la moglie Rita), alla Cerimonia di inaugurazione dei “Campionati Mondiali di sci alpino- Torino 1997” seguita da una “Serata di gala” con tutti i “VIP” nazionali ed internazionali (Capi di Stato e di Governo, ambasciatori, autorità civili e militari, ecc…..) consistente in un “Concerto privato” al “Teatro Regio” di Torino seguito da una “Cena di gala riservata” all’interno del medesimo) così da essere presentato, tra gli altri, agli allora Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro ed al Capo del Governo Romano Prodi al fine di ringraziarlo ed onorarlo ufficialmente e pubblicamente per l’impresa sportiva appena conseguita. Questo record gli verrà strappato dapprima da un atleta italiano (Emilio Lambiase) e poi da un grande e famoso professionista dell’estremo statunitense, il texano di Austin, Rich Kent, già trionfatore di gare ciclistiche estreme in ogni parte del mondo (ad es. “Coast-to-coast/Race cross America”, “Parigi-Brest-Parigi”, “Tour de France in una tappa”, ecc..). Nell’agosto del 2000, Michele prova a riprenderlo. Dopo circa 17 ore di gara e quasi 600 km già percorsi, pur essendo ancora lievemente in vantaggio su Kent, Michele è costretto alla resa sopratutto a causa di problemi fisici. In particolare profonde ferite (piaghe-decubito) al soprassella (zona perineale), gonfio, spaccato e sanguinante; dolori terribili e lancinanti, insopportabili anche per un fachiro come lui. La sua gara termina tra le lacrime sue (e non solo per il dolore fisico) e quelle dei suoi tanti tifosi in Piazza Magenta a None (TO) che, commossi, cercano in qualche modo di consolarlo (e consolarsi) in quel clima di tristezza e delusione generale e personale. Le leggi della natura e la medicina tradizionale sembrano sbarrargli la strada per sempre. Non è possibile aiutarlo a superare questo tipo di inconvenienti con l’anestesia locale della parte tramite iniezioni-infiltrazioni prima o durante la gara a causa di due ordini di problemi; uno di tipo medico-scientifico e l’altro di tipo scientifico-normativo. Spieghiamoci meglio. La scienza sconsiglia assolutamente di infilare aghi in quella precisa zona del corpo perchè vi passano migliaia di nervi più piccoli di un capillare che si comportano un po’ come cavi telefonici che portano segnali e direttive ad organi interni. Per piccolo che sia un ago, lacererà parecchi di questi nervi interrompendo i relativi circuiti con una certezza praticamente assoluta di seri danneggiamenti a chissà quali funzioni organiche interne. Esisterebbe una alternativa un po’ più potabile e cioè l’utilizzo di pomate anestetizzanti. E qui siamo al secondo problema. Siccome le pomate verrebbero spalmate non su di una parte sana (e quindi sull’epidermide che nei suoi vari strati funzionerebbe un po’ da scudo e da filtro rallentando molto i tempi di venuta a contatto col sangue) ma su di una parte ferita, lacerata, spaccata, sanguinante (e quindi immediatamente a contatto ed in circolo col sangue) ecco presentarsi un problema irrisolvibile al momento degli esami antidoping. Infatti i suddetti esami (che prevedono prelievi di urine, sangue, unghie e capelli) porterebbero con assoluta certezza al riscontro nelle urine, ma sopratutto nel sangue, di quei principi attivi, di quelle molecole presenti nei suddetti farmaci antinfiammatori, antidolorifici, (ad es. lidocaina, cortisone, xilocaina, ecc….) compresi nell’elenco delle sostanze vietate dall’Agenzia Mondiale Antidoping “WADA” (World AntiDoping Agency) con tutte le conseguenze immaginabili che ne deriverebbero. Un’altra, ulteriore assoluta certezza, è che ogni futura prova vedrebbe ripresentarsi e sempre più anticipatamente gli stessi problemi; garanzia quindi, di prestazioni sempre più deludenti e meno performanti. Quanto pagherebbe Michele per non chiudere in questo modo la sua carriera di ciclista estremo….!! Le studia tutte anche le più disparate per cercare di reagire, di ribellarsi a ciò che appare ineluttabile. Cerca aiuto, deciso anche a sottoporsi a pratiche estreme, nel campo della “Psicologia/Psicanalisi” (ad es. “ipnosi”, “autoipnosi”, ecc…) ma viene sonoramente sconsigliato e abbandonato in queste sue intenzioni proprio dagli specialisti del settore, in quanto convinti dei troppi e troppo rischiosi effetti collaterali (non solo mentali) per la salute insiti in tali pratiche. A questo punto per Michele è davvero finita e decide il ritiro definitivo.
Questa volta però, il destino decide di dargli una mano assumendo le sembianze di una sua amicizia maturata grazie al ciclismo; si tratta di una calciatrice di serie A, Noemi Calavita, in forza alla squadra del Milan e alla Nazionale femminile di calcio (portiere) nonché sua tifosa. Viene da lei consigliato ed indirizzato verso una medicina alternativa, l’”Ayurveda”, praticata da un esperto indiano quasi ottantenne (S. Shiran) che risiede in quel di Genova e che tempo prima aveva risolto con questo sistema problemi fisici (e salvato la carriera) della calciatrice in questione. Michele si reca a Genova e lo incontra. Shiran sa già dei problemi di Michele e gli prescrive una “cura” naturale che a lui pare un po’ “bizzarra” e che solleverà un bel po’ di ironia da parte dell’equipe medica che lo prepara alle gare. L’esperto indiano intuisce tutto lo scetticismo di Michele, però capisce anche il suo disperato bisogno di una speranza, di un appiglio, di un sogno a cui aggrapparsi per sentirsi autorizzato a riprovarci. Capisce sopratutto il carattere eccezionale, la caparbietà, la tenacia di Michele ed in particolare la sua capacità di saper infliggere al suo fisico (e quindi di accettare) dolori e sofferenze indicibili se solo opportunamente motivato. E lo prega, scetticismo o meno, di impegnarsi comunque ad eseguire le sue direttive fino al giorno della gara. Solo in questo modo, promette, gli darà quelle otto ore che gli sono mancate l’anno precedente. Gli promette purtroppo anche dell’altro. La “bestia” arriverà ancora prima ( unico punto di condivisione con la medicina tradizionale), le piaghe e le ferite cruente al soprassella anticiperanno e i dolori e le sofferenze saranno, se possibile, ancora superiori all’anno precedente. Dovrà piangere dal dolore pedalando (e così sarà infatti). Non avrà neanche cinque minuti in più di margine, arriverà al pelo, giusto giusto, ma arriverà; avrà quelle fatidiche otto ore. Promesso! Michele rimane scettico ma giura fedeltà e impegno. E così sarà. Arriva la festa patronale del paese : 10 agosto; ”San Lorenzo 2001”. Dopo otto mesi (gennaio-agosto) di duri allenamenti e sacrifici e oltre 60.000 km nelle gambe, Michele si ripresenta al via per l’ultima sua battaglia. E’ la notte delle stelle cadenti (altrimenti dette “le lacrime di S.Lorenzo”). E quelle stelle, alle quali la tradizione affida i sogni e le speranze degli umani, e alle quali, sicuramente, Michele avrà affidato tutte le sue, lo tradiscono; non si lasceranno vedere. Vedrà invece le “lacrime” (da dolore fisico….). Un cielo nerissimo, gonfio di acqua verso il tramonto, nel cuore della notte scatenerà un inferno di acqua e grandine. Da un temporale all’altro, per circa 10 ore ininterrotte, un clima da tregenda si scatenerà su quel povero Cristo di ciclista (compreso un quarto d’ora di grandine violenta con chicchi grandi come noci che lo lasceranno dolorante alle ginocchia e alle nocche delle dita particolarmente colpite). Sì, le stelle Michele le ha viste davvero, ma non quelle di S.Lorenzo….. E in quell’inferno di acqua, grandine, freddo, quasi gelo percepito (vista l’aria fredda contro la tuta bagnata ) Michele capisce che anche questa volta non era destino. E nel cuore della notte, in mezzo a questa bufera, dopo una ennesima crisi di sonno superata non si sa come, e a seguito di un crollo psico-fisico, Michele sta per decidere il ritiro. Come l’anno precedente, decide di ritirarsi a None, in piazza Magenta, in mezzo ai suoi tifosi, per portar loro rispetto, anche se sarebbe più facile per lui farlo tra un paese e l’altro lontano da tutti. Un po’ come quando si sta morendo e si cerca tranquillità e solitudine. Michele stava morendo dentro e vedeva morire pure l’ultima speranza di una conclusione positiva della sua carriera di ciclista estremo. Le tattiche e le strategie studiate prima della gara erano saltate. Le tabelle di gara erano impietose; anziché il sia pur lieve vantaggio previsto sull’americano Kent, registravano uno sconsolante distacco di oltre mezz’ora a meno di 10 ore dalla fine!
A questo punto la chiave di svolta. Mentre Michele stava per scendere di bici, un personaggio sportivo al suo seguito, Stefano Caporali (campione ciclista su strada e pista ) fino ad allora tenutosi un po’ in disparte rompe gli indugi. Sale sull’ammiraglia che ospita la Giuria Ufficiale e prende in mano la situazione. Impedisce quasi fisicamente la discesa dalla bici, stravolge le strategie e praticamente indica e trascina Michele sulla strada della riscossa, più psicologica, nervosa, mentale prima ancora che fisica. Usa bastone e carota. Incitamenti anche rudi alternati a somministrazione di frutta e miele. Ad un certo punto, finisce l’effetto carota e non si sa più che pesci prendere, (sopratutto a causa delle sempre più ravvicinate e intense crisi di sonno generate ed amplificate sopratutto dalla fatica e dal buio ). A causa di una di queste brutte crisi, Michele deve registrare uno scontro a 90° contro il parapetto metallico del torrente Chisola in quel di Piobesi Torinese (TO) col rischio di finirci dentro. Poi, finisce lui e la bicicletta in un fosso profondo, e poi nel prato a lato della carreggiata. Quando, drizzando una curva a gomito in quel di Virle Piemonte (TO) gli riesce per un pelo, all’ultimo istante, di non spiaccicarsi contro il muro di una casa a filo della strada, si concretizza il rischio, da parte della Giuria, di interruzione della gara a causa della possibilità di cadute rovinose senza un minimo tentativo di reazione, di difesa. Allora, Caporali sale in cattedra armato di solo più bastone (psicologico s’intende). Gli ultimi interventi “fisici” ormai, non funzionano più. Anche le secchiate di acqua gelida in faccia (acqua gelida piena di ghiaccio tritato al suo interno) non sortiscono più il risultato di tenerlo sveglio, anzi, gli sbandamenti aumentano. Manca poco più di un’ora alla fine e Michele ha quasi recuperato del tutto il gap dall’americano ma è ancora preda di una crisi di sonno e questa volta sembra fatale; non passa più. Stefano allora comincia ad insultarlo pesantemente, usando anche frasi profondamente offensive ed irripetibili in tempi normali, ma ormai, qui di normale non c’è più nulla.Certo, non crede a quello che dice; è un suo amico oltre che consigliere sportivo, ma cerca la reazione nervosa che possa risvegliarlo, costi quel che costi! Ed ancora una volta ci riesce. Ottiene una reazione rabbiosa da parte di Michele e così si intavola una sorta di rissa verbale, cruda, truculenta, violenta, condita da minacce reciproche che si trascina per il tratto rimanente di gara tra il corridore ed il suo coach. Fortunatamente sarà l’ultima crisi; sicuramente, la prossima, non avrebbe avuto più santi… Durante la riscossa iniziata nel cuore della notte, Caporali ha sempre mentito un po’ nella comunicazione a Michele per paura di un possibile rilassamento. Solamente in vista del traguardo, a circa 1 km dalla fine, quando a Michele risultava essere ancora a pochi metri di distacco dal record, Caporali gli dirà la verità. Interrompendo la finta querelle e gli sproloqui miserevoli, ormai non più necessari, gli comunicherà testualmente: “Ascoltami bene. Ti dico una ultima cosa e poi sparirò e non mi vedrai più. Manca solamente più un chilometro e la verità è che tu stai in vantaggio di otto minuti sull’americano. Il record mondiale è tuo: lo hai capito adesso?. Vai e goditelo; te lo sei meritato”!. A questo punto, ancor prima che Michele passasse fisicamente su quella linea tracciata dalla Giuria Internazionale all’ingresso del comune di Candiolo (TO) e che rappresentava la fine gloriosa di quell’avventura sportiva sognata a lungo, innescato dal clacson dell’auto-Giuria guidata da Caporali, iniziava un concerto sonoro di clacson che coinvolgeva la fila chilometrica di automobili al seguito piene di tifosi festanti, con bandiere tricolori, che giorno e notte hanno tifato e sofferto con Michele. Un concerto festante che accompagna Michele al trapasso di quella linea, di quella frontiera che divide un sogno dalla realtà. Non sarà una vittoria risicata ma di larga misura; tre chilometri e mezzo in più divide il nuovo primato dal precedente. Avendo quasi sei minuti di vantaggio, Michele dovrà tirare dritto e continuare ancora per qualche chilometro fino al prossimo rilevamento cronometrico, così da completare perfettamente la ventiquattresima ora e fornire in questo modo, ai Giudici Cronometristi, i dati a loro necessari per il calcolo esatto ( tramite interpolazione) dei risultati finali precisi al secondo e al metro. Terminerà infatti in quel di Piobesi Torinese (TO). Ed anche se Michele terminerà la sua fatica a 6 km lontano dalla sua terra, dolorante e stremato, decide però, ancora una volta, per rispetto dei suoi tifosi, di tornare a None e scendere di bici in una Piazza Magenta stracolma da migliaia di persone giunte anche dai paesi limitrofi per festeggiare con lui e con lui piangere anche questa volta come l’anno precedente; stavolta però di gioia. Però Michele, come previsto da Shiran, è proprio crollato, non ce la fa più, ma ciononostante non vuole arrivare in piazza a bordo dell’ambulanza.
Dopo un breve conciliabolo ( peraltro molto animato) con il medico di gara, il dott. Renato Rubiolo (che giustamente, per precauzione, viste le condizioni critiche di Michele e la sua precarietà non solo a risalire e rimanere in bici, ma addirittura a rimanere in piedi, intendeva obbligarlo a salire a bordo) trovano al fine un compromesso. Michele sarà trasportato in ambulanza fino alle porte del suo paese di None. Qui, all’imbocco del paese, a meno di un km dalla piazza, Michele scenderà dall’ambulanza (tanto, le vie del paese sono tutte deserte; la gente è tutta in piazza) e, raschiando il fondo del barile delle forze rimaste e della resistenza al dolore che lo sta attanagliando di brutto, in qualche modo risalirà in bici. Vuole entrare in piazza in bicicletta. Attorno a lui (lui davanti da solo con in mano la bandiera tricolore, ma subito dopo, a neanche un metro ) una folla di ciclisti di ogni squadra, e colori, e divise, che lo hanno seguito ed incoraggiato (da dietro naturalmente) giorno e notte e che hanno ottenuto finalmente dalla Giuria il permesso di passare e di arrivargli a ridosso; tanto, ormai, la gara è finita. Tutto è pronto, sulla strada e in piazza, per un arrivo trionfale ed una grande festa. Dopo Michele e il gruppo ciclisti, segue la macchina della Giuria Ufficiale, l’ambulanza, i mezzi appoggio, il codazzo delle auto imbandierate con concerto di clacson. Tra Michele e la piazza non c’è più nessuno, solamente poche centinaia di metri. O meglio; qualcuno c’è ancora. C’è l’Istituzione che gli ha aperto le strade in sicurezza, fin dallo sparo del via, (avvenuto il giorno prima da Piazza Fraiteve al Sestriere) scortandolo giorno e notte per le strade piemontesi fin qui, all’ingresso finale in piazza Magenta. E’ l’Arma dei Carabinieri. Saranno infatti le gazzelle dei Carabinieri al comando del M.llo M.re Pasquale Mataluni, (Comandante la stazione Carabinieri di None) che gli apriranno ancora una volta la strada.
Il giorno prima, al termine della cerimonia di partenza dal Sestriere, culminata con la benedizione di Michele da parte di un suo caro amico e tifoso (nonché alpino come lui) e cioè il compianto Rev.do don Francesco Granero, allora Cappellano Militare del 3° Reggimento Alpini (oltre che parroco nel Santuario di S.Verano ad Abbadia Alpina di Pinerolo) quattro gazzelle dei Carabinieri e della Polizia Stradale, piazzate davanti a Michele, ad un chilometro l’una dall’altra, aspettavano anche loro, via radio, lo sparo d’inizio del Commissario Internazionale della U.C.I. per fiondarsi in una pericolosa discesa; una discesa nella quale Michele, con la paura nel cuore ma con i freni aperti, a cavallo di otto chili di ferraglia, vedrà apparire più volte, nel ripido tratto iniziale Sestrierès – Pragelato – Fenestrelle cifre da brivido sui suoi computer di bordo: 105 km/h e una frequenza cardiaca superiore a 200 bpm. A cominciare proprio da quello sparo, e da quella spericolata discesa, gli hanno aperto 24 ore di strade lastricate solo di sofferenze, di fatiche, di dolore fisico e psichico; ora, invece, gli apriranno gli ultimi metri di una strada che finirà in gloria ed in ricordi indimenticabili per una vita da sportivo e non solo. La piazza è pronta ad esplodere. E’ gremita di gente di ogni ceto ed età; compaesani e non, amici, parenti.
C’è la moglie Rita e la mamma Giovanna. Non c’è il papà Domenico; non c’è più…. Ha perso la sua corsa terrena nel 1995 ma sicuramente, da lassù, nel pieno della crisi notturna, ci avrà messo lo zampino. Da allora pedala sempre con Michele. La sua immagine stampata sul piantone del manubrio lo guarda sempre in faccia e viceversa. Si sono guardati parecchio nella notte. Lui ha solo anticipato un po’; è andato avanti a tenergli un posto accanto, là, dove anche Michele arriverà un giorno, al termine della sua ultima corsa terrena. In piazza c’è l’Amministrazione Comunale con a capo il Sindaco, il dott. Domenico Bastino; manca solo l’assessore Cerchio. Ma no, c’è anche lui anche se nessuno lo vede; è a qualche decina di metri in posizione sopraelevata. Ha avuto un’idea per accogliere l’arrivo in piazza di Michele. E’ corso in parrocchia, è salito sul campanile per vedere meglio da lontano l’arrivo di Michele, pronto ad azionare le campane in un concerto a distesa per avvertire la gente e salutare così, con le campane che suonano a festa , l’arrivo e l’ingresso trionfale in piazza. E così sarà. Un boato di folla e il suono delle campane a festa accoglieranno al suo ingresso l’auto dei Carabinieri seguita a tre metri dal nuovo Campione del Mondo e la sua colonna festante. Una scena indescrivibile che strappa al Presidente della Giuria, Angelo Patrito, questa frase: “Incredibile; mai visto una roba simile. Mi sembra di essere al “Giro” o al“Tour.”……! Michele non ne può proprio più e crolla. Il medico di gara gli applica la maschera ad ossigeno; ma non sarà nulla di serio. L’ambulanza lo conduce al centro medico designato, (accompagnato dai suoi “periti di parte” e cioè il medico di gara ed il massaggiatore personale Antonio Marchisio) dove verrà sottoposto agli esami clinici previsti ed ai prelievi per l’esame antidoping da parte dell’ispettore federale e dal medico della Commissione Controllo inviati da Roma e Losanna. Un’ora dopo lo riporteranno in piazza per i festeggiamenti e la premiazione. E davanti ad una folla festante ed alle telecamere RAI che lo hanno seguito anche nel corso della gara (con servizi in vari telegiornali ed interviste ai suoi tifosi e collaboratori durante la discesa dal Sestrière) gli verrà riconsegnata quella che i francesi chiamano “le maillot arc-en-ciel”. Tornerà sulle sue spalle la tanto agognata maglia con i colori dell’iride, dell’arcobaleno; una maglia che ancora oggi, dopo tanti anni e tentativi, nessuno gli ha ancora sfilato. E se il Santo preferito di Michele Astegiano, (San Lorenzo appunto ), gli ha negato una notte di stelle in cambio di una notte di acqua, forse, pentito, ha voluto accogliere Michele all’alba con i colori dell’arcobaleno, quello vero. Un segnale forse, per confidargli che il brutto stava passando, e che in una giornata finalmente di sole, fra qualche ora, quei colori dell’arcobaleno se li sarebbe ritrovati stampati su di una maglia da lui indossata in mezzo a un mare di folla festante, plaudente, ed in gran parte piangente, ma questa volta, felicissimi di farlo insieme. Michele Astegiano riporta il titolo in Italia e per questo, a fine anno, durante un importante convegno per la premiazione dei migliori atleti italiani distintisi nel 2001 ad opera delle più importanti autorità sportive nazionali, l’allora n°1 del ciclismo italiano, e cioè il Presidente Nazionale della F.C.I. (Federazione Ciclistica Italiana) dott. Giancarlo Ceruti vorrà personalmente premiarlo e ringraziarlo pubblicamente per l’impresa. Senza dimenticare i festeggiamenti ufficiali organizzati dall’Amministrazione Comunale di None (TO) per onorare questo suo concittadino; il primo nonese a guadagnarsi un posto nel prestigioso “Guinness dei Primati” (Guinness World Records).